2018 – Piero Tomassoni

CLAUDIO VERNA. OPERE 1967- 2017, in catalogo mostra personale Cardi Gallery, Londra

Guardando alla storia dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta del ‘900, si capisce come parlare di Pittura, a quel tempo, dovesse essere qualcosa di difficile, o quantomeno controcorrente. Le forti istanze comportamentali, politiche, filosofiche e concettuali in senso ampio, trovavano espressione soprattutto in azioni e installazioni che ben poco avevano a che vedere con le forme d’arte più tradizionali, e la pittura non faceva eccezione. C’era chi vi si rifaceva definendosi “pittore” pur in momenti in cui il lavoro era fatto di tutt’altro (Kounellis), e, altrove in Europa, chi parlava ancora di “scultura” in riferimento ai propri atti performativi (Gilbert & George).

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2017 – Lorenzo Mango

Claudio Verna
Acting Archives Reviews, anno VII, numero 13 maggio

Gli anni sessanta erano stati, per le arti visive, gli anni della smaterializzazione totale dell’oggetto attraverso le progettualità tutte mentali dei fenomeni concettuali (per cui l’opera consisteva nella documentazione del processo ideativo) e di quelli legati alle pratiche del comportamento performativo, in cui il corpo vivo dell’artista prendeva il posto dell’opera. Quando si tornò a porre la questione, e anche l’esigenza, di rimettere la pittura e il quadro al centro del procedimento artistico, l’argomento non fu affrontato come uno dei tanti «ritorni all’ordine» novecenteschi ma come una elaborazione altrettanto analitica di quanto sperimentato in precedenza con due elementi nuovi caratterizzanti, però: da un lato che l’oggetto di analisi era la pittura nella sua dimensione tecnica e materica, dall’altro che entrava in gioco una dimensione percettiva, qualcosa che potremmo definire come il piacere dello sguardo.

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2013 – Sergio Troisi

Claudio Olivieri, Claudio Verna. In parallelo
Catalogo doppia personale, Convento del Cannine, Marsala, 2013

La storia della pittura dell’ultimo mezzo secolo è, in tanta parte, una vicenda di equivoci: originati certo dalla sua presunta marginalità – tutta da verificare, del resto – rispetto a altri codici e pratiche in grado di intercettare e restituire con maggiore pregnanza i sommovimenti di un tempo rapidamente dilatato e accelerato nei suoi orizzonti economici, sociali e linguistici, così da rendere obsoleti (si dichiara) tecnologie, materiali e gestualità centrali sino alla metà inoltrata del Novecento.

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2013 – Davide Ferri

Colorì agili – testo per personale Galleria Monitor, Roma, 2013

Claudio Verna ha spesso parlato di questa mostra a Monitor, prefigurandosela come una mostra “di pittura” e non “di quadri”, e qualche giorno fa, durante una delle mie visite nello studio di Valle Aurelia, piuttosto frequenti nel corso dell’ultimo anno e mezzo, lui mi ha fatto notare, con divertimento, come in un testo recente io abbia usato con molta disinvoltura la parola “quadro”.

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2011 – Mauro Panzera

Associazione Mara Coccia, Roma, novembre 2011

A sfogliare il Catalogo ragionato relativo all’opera di Claudio Verna risulta evidente quel misterioso processo secondo il quale ciò che scorre nella cronaca quotidiana lo si ritrova di poi incastonato in capitoli nella storia dell’arte contemporanea. Il mistero si scioglie, naturalmente, all’altezza dei Maestri.

Il summenzionato catalogo dichiara anche l’intransigenza dell’artista, che distrugge cospicua parte dell’apprendistato poetico, sì che ciò che permane è anche “approvato”, vale a dire partecipa alla costituzione della coscienza dell’autore.

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2011 – Alberto Mugnaini

Moti del colore, catalogo personale Galleria Progettoarte-elm, Milano, 2011

Claudio Verna, come è noto, è considerato uno degli esponenti più brillanti di una tendenza che, in una determinata congiuntura storica, per “salvare” la pittura nel momento in cui dalla sponda concettuale se ne profetizzava la morte, decise di utilizzare le stesse armi degli avversari puntando tutte le sue carte sull’aspetto mentale, teorico, analitico. L’appellativo che ebbe più fortuna per indicare questa confluenza di propositi fu appunto quello di “pittura analitica” e l’aspetto che venne sottolineato e preso a comune denominatore fu l’atto di riflettere sulla pittura nel momento stesso in cui essa era eseguita.

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2010 – Maurizio Cesarini

Claudio Verna, in Arte Contemporanea, Anno V, n.22, Grottaferrata – Roma, 2010

Claudio Verna fin dai primi anni ’60 imposta il suo lavoro sulle possibilità della percezione,sui sistemi attenzionali che il fruitore deriva dalla determinazione degli elementi formali che l’artista propone.

La pittura si pone come “campo” che assume le trasformazioni sensibilissime del colore e della forma, attraverso una concettualizzazione della pittura stessa che non si pone nell’ordine di una tautologia  autoreferenziale, ma che mantiene la sua intrinseca identità pittorica.

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2010 – Giovanni Maria Accame

Lettera a Claudio Verna, 20/10/2010

Caro Claudio,
come ti ho detto telefonicamente, per un improvviso problema di salute, non posso mantenere l’impegno di essere con te e con tutti i convenuti per testimoniarti la mia stima e amicizia in un’importante occasione come quella del catalogo generale relativo alla tua pittura.

Dell’Accademia di San Luca ho un bellissimo ricordo quando, molti anni fa, con l’intervento di Calvesi fu presentata la mia monografia su Uncini.

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2010 – Volker W. Feierabend

Pittura essenziale e colore tra ordine ed eccesso, razionalità e istinto. Tappe evolutive nell’opera di Claudio Verna, Catalogo ragionato, Fondazione VAF, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2010

Quando a Firenze, all’età di circa vent’anni. Claudio Verna decise di fare il pittore, la pittura, regina delle arti, disciplina per la quale gli auguri della critica profetizzavano in quei giorni, quasi unanimemente, un futuro oscuro, non sembrava promettere grandi cose.

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2010 – Marco Meneguzzo

Claudio Verna, pittore, Catalogo ragionato, Fondazione VAF, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2010

Per comprendere cosa questo attributo possa significare per il contesto in cui vive l’artista sarà necessario percorrere analiticamente tutta la sua attività, dagli esordi attorno al 1959, al lungo periodo di appartata maturazione a metà anni sessanta, all’impetuoso successo a cavallo del 1970, alla riflessione sulla pittura come mezzo, strumento e linguaggio dalla fine di quel decennio ad oggi.

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2010 – Alberto Rigoni

La soglia del colore – La pittura di Claudio Verna, catalogo personale Libreria Ferrarin, Legnago

La Pittura è tante cose: linguaggio, esplorazione, necessità e altro ancora. Eppure non è la somma di tutto ciò. Comunque la si affronti, essa trattiene sempre una parte per sé.

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2008 – Eloisa Saldari

Il canto del colore, catalogo personale Associazione Mara Coccia, Roma, 2008

Claudio Verna è il colore. La sua pittura è una sinfonia di cromie che echeggiano il palpitare della vita. È il canto di un uomo che guarda il mondo attraverso il colore.

Verna si definisce pittore perché non ha mai pensato di potersi esprimere se non con il colore stesso. Non esiste disegno nella sua pittura, né la traccia di un’idea in bianco e nero.

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2007 – Anna Imponente

Claudio Verna o della leggerezza dell’essere, catalogo antologica Opere 1967 – 2007, Museo Nazionale d’Abruzzo, Castello Cinquecentesco, L’Aquila, dicembre 2007

In una foto scattata a Guardiagrele nel 1939, quando aveva solo due anni, Verna appare in un plain air estivo agreste, a for­ti contrasti di luce ed ombra, di netto sapore michettiano: pro­tetto dal calore dell’abbraccio paterno, in un campo di spighe mature confinanti col declivio scosceso di un colle.

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2006 – Sergio Troisi

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Trentasette, Palermo, ottobre 2006

Pochi termini hanno generato, nei corso della pittura del Novecento, tanti fraintendimenti ed equi­voci come quelli di superficie e profondità: soprattutto a partire dagli anni Quaranta, da quando cioè Clement Greenberg individuò quale carattere cruciale delle opere della cosiddetta Scuola di New York quel valore della bidimensionalità che nello slancio critico e polemico assurgeva a criterio spartiacque tra la precedente tradizione, benché ancora prossima e tutt’altro che esauritasi, e la nuova temperie cul­turale.

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2001 – Paolo Nifosì

La pittura di Claudio Verna tra misura e passione, catalogo personale, Opere 1994 – 2001, Palazzo Mormino, Donnalucata, agosto 2001

La pittura di Claudio Verna è fondamentalmente solare, luminosa e i suoi colori preferiti sono il giallo e il rosso. Egli rifugge dal dramma, aderisce alla realtà del colore legato indissolubilmente alla luce, energia pura dello spazio dipinto. Per lui non esiste il nero, anche la notte è luminosa. Non è la natura che lo interessa; se questa è presente lo è in modo indiretto, intervenendo sull’inconscio. L’arte è legata alla forma-colore.

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1999 – Lorenzo Mango

I doppi, catalogo personale Museo Laboratorio di Arte Contemporanea. Università “La Sapienza”, Roma, giugno 1999

Chiamare “quadri doppi” e non dittici i lavori che espone in questa mostra non è, per Claudio Verna un vezzo lessicale ma corrisponde ad una ragione profondamente meditata. Il dittico -etimologicamente – è un quadro piegato in due, una composizione divisa in due zone distinte; il doppio invece gioca sulla dialettica di due corpi separati che, entrando in relazione tra loro, isti­tuiscono una nuova dimensione compositiva.

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1998 – Giovanni Maria Accame

Claudio Verna, la persistenza del colore, in monografia Electa, antologica Palazzo Sarcinelli, Conegliano, dicembre 1998 – gennaio 1999

“Io mi dico pittore perché ho sempre pensato di potermi espri­mere solo col colore. Ma il colore non è un attributo della pit­tura. Come dice Dora Vallier, la pittura occupa lo spazio in quanto colore”. Così mi scriveva Verna in una lettera del 1993, esprimendo molto più di una sua convinzione. Per lui la pittu­ra coincide e ha sempre coinciso con il colore. Espresso con luminosità scandite e regolate o costituito da un’inquieta or­ganizzazione segnica, il colore, nel corso degli anni, rimane quel centro che si irradia dal fondo alla superficie, che assorbe tutte le attenzioni dell’artista, in un rapporto inesauribile, fatto di azione e di riflessione.

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1998 – Fabrizio D’Amico

Il cerchio di Verna, in monografia Electa, antologica Palazzo Sarcinelli, Conegliano, dicembre 1998 – gennaio 1999

Il 1959: è un anno lontano, ormai, quello che ha segnato l’avvio della pittura di Verna. E, per la pittura, il lungo tempo che è trascorso, da allora ad oggi, non è stato un tempo facile.

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1998 – Marco Goldin

L’arco nel cielo in monografia Electa, antologica a Palazzo Sarcinelli, Conegliano, dicembre 1998 – gennaio 1999

L’arte continuerà sempre
a smentire ogni sua definizione.
Claudio Verna

Qualsiasi critico che si sia occupato, soprattutto in questi ultimi anni, di Claudio Verna, e naturalmente mi includo in questo gruppo, si è trovato a porre l’accento sulla sua capa­cità di esercitare una continua, e ormai lunga, riflessione sul proprio lavoro. Cosicché le sue parole scritte sono entrate, e tuttora entrano, a far parte di quanto sulla sua pittura si è detto.

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1998 – Gioia Mori

Il Cromonauta, “Art e Dossier” n. 135, Firenze, giugno 1998; e in catalogo personale Accademia dei Concordi, Rovigo, ottobre 1998

Nei dintorni di Spoleto, a Rapicciano, un piccolo borgo umbro dominato da una torre trecentesca, vive Claudio Verna. L’artista abruzzese di nascita, vis­suto a Firenze e a Roma, ha scel­to da alcuni anni di lavorare lì, in una grande casa secentesca, dove lo studio, all’ultimo piano, domina un paesaggio dolce e mosso dal vento; i cambiamenti di colore sono repentini, folate si posano come pennellate sull’er­ba e sul cielo, sulle colline e sui mattoni antichi stendendo mille sfumature di verdi, azzurri e ocra.

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1998 – Mauro Panzera

Claudio Verna. Piccolo formato, catalogo antologica Piccolo Formato, Galleria Fumagalli, Bergamo, aprile 1998

Questa esposizione procede da un progetto lucido e preciso dell’artista Claudio Verna che ha scelto il punto di vista del piccolo formato ed ha selezionato le 35 opere presenti in mostra. Ogni riflessione in merito deve partire da questo dato di fatto. Il testo che segue sarà quindi anche un dialogo con l’artista, con l’immagine che di sé propone oggi.

Osserviamo attentamente la collocazione nel tempo delle opere scelte e la loro frequenza. Le prime due rinviano al 1959.

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1998 – Daniela Fonti

Claudio Verna: Dipinti e opere su carta, catalogo personale Galleria Bambaia, Busto Arsizio, febbraio 1998

Parlando di Verna non posso non partire dagli anni Settanta. Prima di tutto per motivi di carattere personale: è allora che l’ho conosciuto, da allora siamo diventati amici; poi perché sono convinta che da quell’epoca ormai lontana nel tempo siano derivati tutti gli sviluppi futuri della sua pittura ostinata e coerente.

E non solo per quello che in quei quadri di allora c’era, ma ancor più – direi – per quello che non c’era e che sarebbe stato poi recuperato.

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1997 – Marco Goldin

Canto alla durata, catalogo personale Civiche Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, Ferrara, febbraio 1997

Succede qualcosa, all’aprirsi degli anni Ottanta, nell’opera di Claudio Verna. Da porla entro una misura di poesia diversa, che già dal 1978, che è data per lui fatidica, aveva cominciato a manifestarsi. Quadri come Cadinium red, Fox-trot, Understatement, Pittura., solo per dire di qualcuno, si staccano da quella nera geometria che aveva toccato in modo quasi uniforme il percorso degli anni Settanta, in pieno regime di Pittura-pittura o Nuova- pittura che dir si voglia.

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1997 – Rosalba Zuccaro

Una lucida, trepida passione di pittura, catalogo personale Civiche Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, Ferrara, febbraio 1997

Claudio Verna ovvero il cantico del colore. Tale principio ineludibile della genesi della pittura di Verna, variamente argomentato dalla critica, conduce ad individuare attraverso quali modalità, nella circolarità dei corsi e ricorsi storici del lavoro, il colore, nella duttilità della sua oggettivazione, costituisca il motore primo della ricerca dell’artista. Altre due constatazioni preliminari si impongono: la prima attiene alla severa disciplina di mestiere, quasi un imperativo categorico, che sottende l’ars di Verna.

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1995 – Enzo Bilardello

Claudio Verna, l’eterno ritorno,  catalogo personale Galleria Edieuropa, Roma, febbraio 1995

Claudio Verna è un pittore degli equilibri, non degli scompensi. Quale che sia l’idea iniziale, la più aritmica e asimmetrica che si dia, l’approdo esprime una giusta distribuzione, pienezza formale, contemperamento di tutte le pulsioni possibili. Verna ama anche i colori violenti, quelli che determinano rapide dissonanze e rivolte interne ma, a quadro finito, i colori, da rissosi che erano, paiono semplicemente accesi.

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1995 – Fabrizio D’Amico

Claudio Verna, trepida asprezza, catalogo personale Galleria Morone 6, Milano, febbraio 1995

Come non di rado gli accade da quando è pittore – cioè da sempre -, e da quando fa mostre, e vede pubblicati cataloghi e monografie sul proprio lavoro, anche questa volta Claudio Verna, su queste stesse pagine, scrive di pittura.

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1995 – Rosalba Zuccaro

Voce Enciclopedia Italiana Treccani, Vol.V, Appendice V, 1995

Protagonista tra i più autorevoli del rinnovamento della pittura negli ultimi decenni, Verna svolge una coerente ricerca artistica, significativamente connessa alla riflessione estetica e dialetticamente attenta ai valori della tradizione, della contemporaneità europea e di certo espressionismo astratto americano. Fin dalla fine degli anni Cinquanta i suoi dipinti, inseribili nell’ambito dell’Informale, si caratterizzano per una gestualità di contenuta tensione energetica e di esplicita valenza cromatica, impostata su toni rossi, gialli, aranciati, grigi, e guizzi di verde.

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1994 – Marco Meneguzzo

Caro Claudio, catalogo antologica Galleria Comunale D’arte Moderna, Spoleto, Palazzo Ràcani Arroni, maggio 1994

Mi scrivi che non ami il termine “antologica”: ti capisco, è come voler mettere al sicuro e relegare nel passato un qualcosa che è invece ben vivo, materia di lavoro attuale, non legato – o non più legato – al momento in cui è stato fatto (sembra un paradosso, ma le opere d’arte si staccano dalla storia dell’arte proprio quando perdono quella loro caratterizzazione temporale, tanto cara ai filologi).

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1993 – Giovanni Maria Accame

Claudio Verna, Costruttività del colore, catalogo personale Galleria Fumagalli, Bergamo; Galleria Soave, Alessandria, 1993

Per Verna la pittura coincide e ha sempre coinciso con il colore. Fatto di luminosità scandite e regolate, o costituito da un’inquieta organizzazione segnica, il colore è ciò che abita e muove la superficie. Centro di riflessione e di azione, rappresenta quanto di inesauribile lega l’artista con la propria opera.

E’ lo stesso Verna a scrivere: “Io mi dico pittore perché ho sempre pensato di potermi esprimere solo col colore. Ma il colore non è un attributo della pittura.

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1990 – Claudio Cerritelli

Carte di Verna, Pittura di carte, Edizioni Mèta, Bolzano, 1990

Carte volanti, carte colorate, carte disegnate.

Le immagini si spostano dentro i margini concreti dell’ultima pittura di Verna attingendo alla fonte di gesti immediati, ancora carichi di stupore.

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1989 – Patrizia Ferri

Claudio Verna. La pittura come emozione, ARTINUMBRIA, n.21, Perugia, autunno 1989

“In tutti questi anni, mi sono spesso fatto questa domanda: la pittura, nonostante il peso enorme della tradizione e dei condi­zionamenti storici, ha sempre la capacità di proporsi come disci­plina per fare arte, e possibilmente grande arte? Ho sempre ri­sposto di sì, ad una condizione: che della pittura si recuperino prima di tutto le potenzialità con un’indagine accorta, profonda, critica, insomma dei suoi elementi costitutivi, della sua struttura, della sua storta.

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1989 – Silvana Sinisi

Claudio Verna, L’impronta del gesto, “Tema Celeste” n. 19, Siracusa, gennaio-marzo 1989

Il difficile esercizio del magistero pittorico è inteso come esplorazione sistematica di tutta la gamma delle potenzialità espressive del colore.

Verna ha liberato la sua pennellata senza mai rinunciare all’esigenza di organizzare e risolvere il flusso indisciplinato del colore.

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1988 – Giuseppe Appella

Verna: il colore come identificazione, catalogo antologica Museo Civico d’Arte Contemporanea di Gibellina, luglio 1988

Nel 1979, a chiusura della monografia edita da Politi, Claudio Verna concludeva: «Intutti questi anni, mi sono spesso fatto questa domanda: la pittura, nonostante il peso enorme della tradizione e dei condizionamenti storici, ha sempre la capacità di proporsi come disciplina per fare arte, e possibilmente grande arte? Ho sempre risposto di si, ad una condizione: che della pittura si recuperino prima tutte le potenzialità con una indagine accanita, profonda, critica insomma, dei suoi elementi costitutivi, della struttura, della sua storia.

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1987 – Luciano Caramel

Emozione e gesto. Opere recenti di Claudio Verna, “II Giornale”, Milano, 29 novembre 1987

Claudio Verna, artista abruzzese (di Guadiagrele) trapiantato a Roma, tra i maggiori della generazione «di mezzo», torna a Milano con un’importante personale di opere recentissime, quasi tutte di quest’anno.

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1987 – Elena Pontiggia

Claudio Verna, “II muro della pittura”, catalogo personale Galleria Morone 6, Milano, novembre 1987

Lo spazio della pittura è un muro, ma tutti gli uccelli dei mondo vi volano dentro». Nicolas De Staёl

La modernità, in Pittura, nasce da un’inimicizia con lo spazio. Quando De Stael scrive: «Lo spazio della pittura è un muro» si serve di una metafora che non si adatta a tutta la pittura, ma solo a quella che, tra non pochi equivoci, si è definita moderna.

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1987 – Giorgio Bonomi

Da catalogo Rivivi la tua città, Rocca Paolina, Perugia, 1987

Claudio Verna è, ormai, un “maestro”. Non nel senso che abbia una “scuola”, ma in quanto può porsi come “esempio”. Il suo percorso artistico, dal giovanile informale al­l’astrattismo analitico fino all’attuale fase di segno più “gestuale”, è una ricerca, rigorosa e continua, all’interno della “pittura”. Non è interessato al “quadro”, ma agli elementi costitutivi della pittura stessa. Ora, in piena maturità, l’elemento razionale resta più na­scosto, non serve più “dimostrare”.

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1987 – Filiberto Menna

Claudio Verna, La notte di S. Silvestro, catalogo personale Studio Ghiglione, Genova, febbraio 1987

Periodicamente mi incontro con Claudio Verna, ormai da moltissimi anni, e il mio compito diventa a un tempo più facile e più difficile, giacché l’artista e il crìtico s’intendono con empatetica immediatezza quasi su tutto mentre i margini di parola si fanno più stretti. Meglio far parlare, allora, direttamente l’artista, tentare una costruzione del discorso critico attraversando i suoi pensieri e le sue parole.

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1986 – Fabrizio D’Amico

Mistero rosso, “La Repubblica”, Roma, 9 ottobre 1986

II rosso notturno è luogo misterioso di inattesi avvenimenti, di incontri e di scontri, di sensi non pacificati. Rapidi, i colpi di pennello piombano ad occupare quello spazio: un grumo di luce d’oro entra a sinistra, un rosso più acceso lo argina a destra; insieme fanno il ritmo della pagina pittorica, che è ansimante e spezzato, denso e sincopato.

Roma barocca, questo il titolo del dipinto, è un’opera di Claudio Verna (Guardiagrele, 1937) ora esposta alla Casa del Machiavelli presso Firenze, in una bella mostra di cose recenti di questo pittore.

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1986 – Giovanni Maria Accame

Claudio Verna alle origini del colore, catalogo personale Casa del Machiavelli, San Casciano Val di Pesa, luglio 1986

C’è una pittura che ci porta lontano, fuori, all’esterno di se stessa, che procede quasi dimenticandosi o che comunque noi dimentichiamo. C’è invece una pittura che ci afferra, ci costringe a seguirla, una pittura che vuole essere presente e con la sua presenza costituisce motivo di continua attesa. Questa è la pittura di Verna, che ci attende e ci costringe a attendere.

Un lavoro che procede secondo un andamento particolare e ininterrotto: arrivare alla propria profondità. Raggiungersi.

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1986 – Lucio Barbera

Verna, vecchio e nuovo, “Gazzetta del Sud”, Messina, 5 aprile 1986

Si è come presi da un morbido vortice che lascia spazio, e a tanto induce, alla memoria ed all’emozione pur se, nel suo stesso vorticare di immagini e di colori, vigile mantiene un discreto controllo di razionale misura.

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1986 – Vittorio Boarini

Verna, ritorno alla pittura. Una storia in tre grandi quadri, “La Repubblica”, edizione di Bologna, 28 marzo 1986

“La libertà per cui si lavora ha un senso solo se è totale: i limiti solo quelli della disciplina. Oggi, i miei soggetti sono sempre più identificabili e i titoli ne danno un’indicazione abbastanza approssimativa. In altre parole fanno parte del quadro, della sua storia e della sua utopia”.

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1986 – Claudio Cerritelli

Claudio Verna, Immagini di pericolo, catalogo personale Galleria N 2 / Nuova 2000, Bologna, 1986

Quanto potere abbiano le riflessioni di Claudio Verna, i dialoghi o le interviste, i suoi scritti lucidi e costanti sul «fare pittura» è un problema che ha sempre messo in crisi il mio rapporto con le opere e che, oggi, mentre accompagno per la prima volta una sua mostra personale mi si rivela con profonda esitazione.

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1986 – Flaminio Gualdoni

Claudio Verna, immagini di pericolo, catalogo personale Galleria N 2 / Nuova 2000, Bologna, 1986

Sono passate finalmente molte acque, sotto il ponte delle petizioni di principio e delle giaculatorie onnicaptanti. E la pittura di Claudio Verna è ancora qui, alle soglie di un’akmé fatta di saporosi azzardi qualitativi, di toni espressivi tutti maggiori, anziché del corrispondere meccanico alle ragioni contingenti di un clima.

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1986 – Filiberto Menna

Claudio Verna, catalogo personale Palazzo dei Leoni, Messina, marzo 1986

Con Claudio Verna ho un lungo sodalizio e questo è il mio terzo appuntamento con la sua opera. E mi pare significativo che i nostri «incontri» si dispongano lungo un percorso che tocca ormai quasi i vent’anni e siano scanditi da intervalli di lunga durata.

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1984 – Paolo Balmas

Claudio Verna, in “Figure” n.7, Roma, 1984

Con la parola «pittura» si possono intendere cose diversissime. Quando i filosofi scrivevano ancora trattati di estetica, in genere, parlando della pittura si preoccupavano soprattutto di trovare a questa pratica che l’uomo sembra aver coltivato sin dai tempi più remoti una sistemazione, nel novero delle «belle arti», coerente con tutto l’insieme delle loro speculazioni. Un posto significativo all’incrocio delle diverse facoltà attribuite al soggetto che pensa ed agisce.

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1983 – Guido Giuffrè

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Bambaia, Busto Arsizio, ottobre 1983

Lo studio, come tutti gli studi, odora di pittura; tubetti pennelli ciotole sono sparsi sul tavolo in ordinato disordine, intorno, in una mostra ancora in gestazione, mobile e operosa, tutte le tele.

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1983 – Marco Meneguzzo

Claudio Verna. Emozione e controllo, entusiasmo e razionalità sono i due poli di un equilibrio la cui apparente fragilità costituisce motivo di fascinazione, “Flash Art” n.113, Milano, aprile 1983

Claudio Verna, o «della libertà». Qual è la libertà dell’artista? Per Verna è lentissima conquista di un proprio territorio mentale, regolato dalle norme ferree del lavoro pittorico.

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1983 – Simonetta Lux

L’immagine che comunque si rivela, catalogo personale Galleria Mèta, Bolzano, gennaio 1983

Claudio Verna fa la pittura e dipinge la pittura, identificando la sua verità materiale con la sua virtualità, guidandola e lasciandosi guidare, unendo il principio di illusione al principio di realtà.

Ogni sua proposta ed opera si presenta coerentemente contraddittoria, lucidamente ambigua, suscitando ogni volta il piacere dell’impossibile scoperta della «regola», che – infatti – fonda la pittura nell’esserne negata.

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1980 – Laura Cherubini

Quell’“indizio” che l’autore ci ha lasciato, “Avanti”, Roma, 9 marzo 1980

“In tutti questi anni, mi sono spesso fatto questa domanda: la pittura, nonostante il peso enorme della tradizione e dei con­dizionamenti storici, ha sempre la capacità di proporsi come disciplina per fare arte, e possibilmente grande arte?

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1979 – Maurizio Fagiolo

Claudio Verna, Giancarlo Politi Editore, Milano, 1979

1. IL QUADRO E IL SUO DOPPIO

Il primo momento della ricerca (e l’ultimo, perché ognuna di queste proposte vale per tutto il percorso di Verna) è quanto mai imprevedibile. Il pittore dichiara prima di tutto di non conoscere il fine della ricerca, di non aver già catturato l’impalpabile essenza del Quadro: sa di non sapere. A la recherche… allora (con tutto il carico di Memoria che questa operazione sottintende).

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1978 – Marcello Venturoli

Ritratti clandestini: Claudio Verna, “II Giornale”, Milano, 3 novembre 1978

Forse Claudio Verna è il più tipico e il più a «tutto tondo» fra i pittori che hanno cominciato ad avere successo nel 1970 e che lo hanno mantenuto ed ampliato in questo quasi decennio: basterebbe il secondo traguardo biennalino di adesso, oltre che la mostra personale alla Marlborough l’anno scorso: e poi la fraterna stima di artisti italiani e stranieri sulla breccia internazionale prima di lui, da Dorazio a Smith, il fatto di costituire, insieme con Battaglia, Olivieri, Guarneri, Gastini, Griffa (Raciti e Vago sarebbero i «cugini» della loro famiglia, non ortodossi, pittori d’avventura; ma Raciti, come scrissi più si straluna e si diversifica, più è lui) una linea operativa ben precisa, chiamata in varia guisa «neo pittura», autonomismo cromatico, anti-quadro del nuovo spazio visitato, serialismo qualitativo, esperienza del dato non acquisito e del far pittura via via, opera come antirealtà – ovviamente di una realtà che ha fatto il suo tempo – etc. etc.

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1976 – Enrico Crispolti

Il risarcimento lirico di Verna, in “Erotismo nell’arte astratta”, Celebes Editore, Roma, 1976

Già nel 70 la «poetica» di Verna è sufficientemente definita. La sua decisa uscita rimonta a pochi anni prima, fra 1967 e 1968, con personali soprattutto a Roma e a Firenze: un’uscita avallata intelligentemente da Cesare Vivaldi nel clima di quel neostrattismo sperimentale fra romano e fiorentino nel quale si affannava allora anche la Morales.

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1975 – Giovanna Dalla Chiesa

Difficoltà della pittura, catalogo personale Galleria Spagnoli, Firenze, 1975

Verna non pensa che fare il quadro sia qualcosa di diverso dal «fare la percezione»; si pone in questo senso nella grande linea pittorica che partendo da Seurat, Matisse, Mondrian, Malevic, arriva fino agli italiani Balla, Fontana e Dorazio. «Quale pittura?» si chiede con calore Verna: «Il problema è ormai di sapere di quale pittura si parla.

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1973 – Filiberto Menna

Claudio Verna, catalogo personale Galleria del Milione, Milano, maggio 1973

Claudio Verna crede nella possibilità di parler peinture. Ma il suo parlare si affida alle parole stesse della pittura, sicché egli discorre della pittura facendo la pittura.

Operazione sottile.

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1972 – Gianni Contessi

In catalogo personale, Studio d’arte Eremitani, Padova, 1972

Per Verna, la pittura è anzitutto un procedimento, un vero e proprio metodo di indagine conoscitiva. Così il suo lavo­ro, anziché procedere per paradigmi, conduce una continua, serrata analisi iterativa (del resto, una sua opera del 1969 si intitola proprio «Iterazione ambigua») di alcuni fatti percettivi, uno dei quali — fondamentale — è proprio l’ambiguità, da Verna intesa non in senso gestaltista ma come vera e propria componente esistenziale, e quindi tra­sferibile anche a livello di visione.

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1972 – Luigi Lambertini

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Peccolo, Livorno, febbraio 1972

Un rigore ed una continua decantazione che si sono sviluppati attraverso il tempo con coerente modulazione di motivi, che hanno avuto sempre come base un filtro mentale ed una distaccata ironia, sono gli elementi caratteristici dell’opera di Claudio Verna.

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1970 – Nello Ponente

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Martano/Due, Torino, novembre 1970

La semplicità estrema della proposta (e dei mezzi) non si spiega a parole. E’ il merito primo: una forma di concentrazione, una richiesta di attenzione che deve essere portata esclusivamente sugli organismi pittorici. L’essenzialità di Verna non sopporta descrizioni, dilungamenti in interpretazioni metafisiche e fallaci. I significati sono nella pittura che rifiuta anche, nella propria costituzione, di fenomenizzarsi come somma di separati incidenti successivi.

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1970 – Piero Dorazio

Claudio Verna, catalogo personale Galleria dell’Ariete, Milano, ottobre 1970

Vale la pena? Vale la pena di prendere il telaio, tirarci su ancora una tela, prepararla a ricevere come si deve il colore, perché resti vivo a lungo? Vale la pena di lavare i pennelli e di passare delle ore a esercitare l’occhio alla mira giusta sulle tinte, a sentire il polso della composizione?

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1970 – Giovanni Carandente

Claudio Verna, catalogo personale 35° Biennale di Venezia, 1970

Nel lavoro di Claudio Verna l’elementare sta all’ambiguità quanto la lucida geometria all’intuizione primaria del colore-luce. Il quadro (che qui ancora di questo si tratta) fonda su due elementi semplici, il colore – talvolta sono plurimi accordi o contrasti combinati – e la prospettiva, sennonché la seconda è soltanto suggerita: da spiragli di luce, da vibrazioni impercettibili, da tagli repentini.

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1968 – Marisa Volpi

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Flori, Firenze, maggio 1968

Ridare articolazione al vedere a livello di coscienza, liberarci dell’automatismo della percezione è il grande tema dell’arte contemporanea, dall’impressionismo ad oggi: scoprire gli artifici attraverso i quali può essere isolato un elemento nella catena delle immagini, evidenziare la fattura dei quadro (e quindi l’immagine come fattura), far emergere i processi dell’apprendimento visivo – illusioni ottiche, organizzazione dello spazio, relazionalità dei colori, ecc.

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1968 – Italo Tomassoni

I tre momenti della pittura di Verna, catalogo personale Galleria Il Sagittario, Bari, marzo 1968

Credo che sia opportuno, anzitutto, cercare di stabilire che cosa, nei quadri di Verna, è concreto e oggettivo, e che cosa è, invece, mentale e astratto. (Questa problematico esclude, intanto, una catalogazione poetica di tipo oggettuale; il quadro infatti non è oggetto ma, tradizionalmente, si presenta come un supporto «tela» su cui si delineano le forme e i colorì realizzati secondo i modi canonici della pittura a olio).

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1968 – Cesare Vivaldi

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Arco d’Alibert, Roma, febbraio 1968

Ci siamo ormai tutti abituati a passare da una galleria all’altra, da uno studio di pittore o di scultore all’altro, con lo stesso spirito con cui da ragazzetti già grandicelli (e quindi insofferenti e smaniosi di giochi all’aria aperta) eravamo costretti il giovedì santo a visitare i «sepolcri» peregrinando da questa a quella chiesa.

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1967 – Filiberto Menna

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Il Paladino, Palermo, febbraio 1967

Si può parlare di una nuova astrazione come quella storica. Di impianto costruttivo, predilige le forme definite, i colori netti campiti su ampio superfici. Diversamente da quella non tende agli elementari geometrici. Alla stasi e alla certezza contemplativa predilige l’accelerazione e il contrasto, l’ambiguità ottica. E’ immersa nella realtà quotidiana, la considera un primum non eludibile della esperienza. Non vuole, sa di non potere imporre a questa realtà mutevole, resistente nel suo essere data, una forma privilegiata a priori.

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1961 – Giancarlo Politi

Un giovane pittore: Claudio Verna, “La Fiera letteraria”, Roma, 12 febbraio 1961

Claudio Verna è uno dei pochissimi pittori italiani che, pur giovani ma già affermati, si accosta alla pittura con umanità.

Una umiltà piena di candore, di pigrizia, di solitudine. Una umiltà da anacoreta che cerca però la grazia e il raptus nel calore della luce mediterranea e in quei gialli infuocati che tanto amava Van Gogh o in quei rosa mistici da ricordare certe pallide malinconie di Gerard de Nerval.

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1960 – Umberto Baldini

Claudio Verna, catalogo personale Galleria Numero, Firenze, febbraio 1960

Da qualche anno residente a Firenze, Claudio Verna – che proviene da uno dei centri più sensibili e attivi dell’Umbria – è alla sua prima personale.

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