2018 – Piero Tomassoni

CLAUDIO VERNA. OPERE 1967- 2017, in catalogo mostra personale Cardi Gallery, Londra

Guardando alla storia dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta del ‘900, si capisce come parlare di Pittura, a quel tempo, dovesse essere qualcosa di difficile, o quantomeno controcorrente. Le forti istanze comportamentali, politiche, filosofiche e concettuali in senso ampio, trovavano espressione soprattutto in azioni e installazioni che ben poco avevano a che vedere con le forme d’arte più tradizionali, e la pittura non faceva eccezione. C’era chi vi si rifaceva definendosi “pittore” pur in momenti in cui il lavoro era fatto di tutt’altro (Kounellis), e, altrove in Europa, chi parlava ancora di “scultura” in riferimento ai propri atti performativi (Gilbert & George).

2017 – Lorenzo Mango

Claudio Verna
Acting Archives Reviews, anno VII, numero 13 maggio

Gli anni sessanta erano stati, per le arti visive, gli anni della smaterializzazione totale dell’oggetto attraverso le progettualità tutte mentali dei fenomeni concettuali (per cui l’opera consisteva nella documentazione del processo ideativo) e di quelli legati alle pratiche del comportamento performativo, in cui il corpo vivo dell’artista prendeva il posto dell’opera. Quando si tornò a porre la questione, e anche l’esigenza, di rimettere la pittura e il quadro al centro del procedimento artistico, l’argomento non fu affrontato come uno dei tanti «ritorni all’ordine» novecenteschi ma come una elaborazione altrettanto analitica di quanto sperimentato in precedenza con due elementi nuovi caratterizzanti, però: da un lato che l’oggetto di analisi era la pittura nella sua dimensione tecnica e materica, dall’altro che entrava in gioco una dimensione percettiva, qualcosa che potremmo definire come il piacere dello sguardo.

2013 – Sergio Troisi

Claudio Olivieri, Claudio Verna. In parallelo
Catalogo doppia personale, Convento del Cannine, Marsala, 2013

La storia della pittura dell’ultimo mezzo secolo è, in tanta parte, una vicenda di equivoci: originati certo dalla sua presunta marginalità – tutta da verificare, del resto – rispetto a altri codici e pratiche in grado di intercettare e restituire con maggiore pregnanza i sommovimenti di un tempo rapidamente dilatato e accelerato nei suoi orizzonti economici, sociali e linguistici, così da rendere obsoleti (si dichiara) tecnologie, materiali e gestualità centrali sino alla metà inoltrata del Novecento.

2013 – Davide Ferri

Colorì agili – testo per personale Galleria Monitor, Roma, 2013

Claudio Verna ha spesso parlato di questa mostra a Monitor, prefigurandosela come una mostra “di pittura” e non “di quadri”, e qualche giorno fa, durante una delle mie visite nello studio di Valle Aurelia, piuttosto frequenti nel corso dell’ultimo anno e mezzo, lui mi ha fatto notare, con divertimento, come in un testo recente io abbia usato con molta disinvoltura la parola “quadro”.