2017 – Lorenzo Mango
Claudio Verna
Acting Archives Reviews, anno VII, numero 13 maggio
Gli anni sessanta erano stati, per le arti visive, gli anni della smaterializzazione totale dell’oggetto attraverso le progettualità tutte mentali dei fenomeni concettuali (per cui l’opera consisteva nella documentazione del processo ideativo) e di quelli legati alle pratiche del comportamento performativo, in cui il corpo vivo dell’artista prendeva il posto dell’opera. Quando si tornò a porre la questione, e anche l’esigenza, di rimettere la pittura e il quadro al centro del procedimento artistico, l’argomento non fu affrontato come uno dei tanti «ritorni all’ordine» novecenteschi ma come una elaborazione altrettanto analitica di quanto sperimentato in precedenza con due elementi nuovi caratterizzanti, però: da un lato che l’oggetto di analisi era la pittura nella sua dimensione tecnica e materica, dall’altro che entrava in gioco una dimensione percettiva, qualcosa che potremmo definire come il piacere dello sguardo.